Accettazione dell’eredità: come si acquista l’eredità?

L’eredità si acquista con l’accettazione.

L’art. 470 c.c. stabilisce che l’eredità possa essere accettata puramente e semplicemente o con il beneficio dell’inventario e che tale seconda ipotesi, cosiddetta beneficiata, avvenga anche contro un eventuale divieto del testatore.

Con l’eredità accettata puramente e semplicemente, l’erede confonde il proprio patrimonio con quello del de cuius e risponde ultra vires hereditatis, vale a dire con il proprio patrimonio personale delle eventuali passività, anche nel caso in cui l’eredità presenti un passivo superiore all’attivo e sia quindi una damnosa hereditas; con l’eredità acquistata con il beneficio dell’inventario, su cui più avanti torneremo, l’erede risponderà intra vires hereditatis, perciò non sarà tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre al valore dei beni a lui pervenuti.

Le eredità devolute ai minori, agli interdetti, ai minori emancipati, agli inabilitati, alle persone giuridiche (ma non alle società) alle fondazioni ed agli enti non riconosciuti non possano essere acquistate se non con il beneficio dell’inventario.

L’accettazione potrà essere espressa o tacita (art. 474 c.c.); sarà espressa quando sarà contenuta in un atto pubblico o in una scrittura privata, ed in esse il chiamato all’eredità avrà dichiarato di accettarla o avrà assunto il titolo di erede; qualora l’acquisto dell’eredità comprenda anche diritti immobiliari, l’accettazione dovrà poi essere trascritta nei registri presso la Conservatoria ex art. 2648 c.c., per cui in tale caso la sottoscrizione della scrittura privata dovrà essere accertata giudizialmente o essere autenticata da un notaio.

Abbiamo visto che, prima dell’eventuale accettazione, il chiamato possa compiere le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari e compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea (art. 460 c.c.), potendo farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni non conservabili o conservabili con grave dispendio.

Gli effetti dell’accettazione sono retroattivi sino al momento della morte del de cuius.

L’accettazione dell’eredità è irrevocabile, a differenza della rinunzia, ed è nulla l’accettazione parziale, sotto condizione o a termine.

L’accettazione dell’eredità è tacita quando il chiamato ha posto in essere un atto che presuppone intrinsecamente ed implicitamente la sua volontà di accettare, che non avrebbe fatto se non nella sua qualità di erede.

La donazione, la vendita o la cessione dei diritti spettanti su un’eredità, così come la rinunzia verso corrispettivo, comportano accettazione.

L’art. 479 c.c. dispone che se il chiamato all’eredità muoia senza averla accettata, il suo diritto si trasmette agli eredi, in quanto il de cuius a loro trasmetterà anche la particolare situazione giuridica connessa al potere di accettazione e, conseguentemente, la possibilità di acquistare i diritti che a lui erano offerti; la rinunzia all’eredità del trasmittente comporterà anche la rinunzia all’eredità che a lui era stata offerta. Sostiene a tal punto la Cassazione che quando il chiamato all’eredità muore prima di averla accettata ed il diritto stesso di accettarla si trasmetta ai suoi eredi, gli stessi dovranno compiere due distinti atti di accettazione delle eredità (Cass. 19303/17).

La prescrizione del diritto di accettare l’eredità si compie e matura in dieci anni decorrenti dall’apertura della successione, salvi i casi di istituzione condizionale, per cui il termine decorrerà dal giorno in cui si sarà avverata la condizione; così come nel caso di istituzione di nascituro, il termine decorrerà dal giorno della nascita; nel cado di accertamento giudiziale della filiazione, il termine decorrerà dal passaggio in giudicato della sentenza accertante la filiazione.

Interessante è leggere con attenzione l’art. 480, III comma c.c., che statuisce che il termine non corre per i chiamati ulteriori solo se vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e, successivamente, il loro acquisto sia venuto meno; a parte tale caso, però, il termine corre anche per i chiamati successivi, poiché questi hanno sempre la possibilità di esperire l’actio interrogatoria di cui all’art. 481 c.c., chiedendo all’autorità giudiziaria la fissazione di un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità, stimolando quindi una risposta del chiamato, il quale perderà il diritto di accettare, se lascerà trascorrere inutilmente tale termine.

L’accettazione dell’eredità è impugnabile quando è l’effetto di violenza o di dolo con relativa azione giudiziale, il cui termine di prescrizione è quinquennale.

Non è invece ammessa l’impugnazione dell’accettazione dell’eredità per errore ( ad esempio sulla qualità o sul valore dei beni pervenuti); ma cosa accade se si scopre, successivamente, un testamento di cui non si aveva notizia al tempo dell’accettazione? L’erede non sarà tenuto a soddisfare i legati eventualmente scritti nel nuovo testamento oltre il valore dell’eredità a lui pervenuta o con pregiudizio della quota di riserva a lui spettante, eventualmente riducendosi proporzionalmente i legati scritti in altri testamenti od agendo in regresso contro altri legatari già soddisfatti per l’intero.

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