Al legittimario leso spetta il diritto al reintegro con l’azione di riduzione

Di grande rilievo è una recente sentenza della Suprema Corte nr. 39368/2021, chiamata a pronunciarsi su iniziativa di alcuni eredi legittimari, i quali deducevano la lesione della loro quota di legittima nelle disposizioni dei beni poste dalla madre. Mentre la domanda attorea viene rigettata dal Tribunale, di diverso avviso è la Corte d’Appello la quale, ritenendo concreta ed effettiva la lesione della quota di legittima, ne dispone la reintegrazione con condanna dei convenuti al pagamento di una somma in denaro.

Avverso tale sentenza viene promosso ricorso per Cassazione, ove la questione dedotta dai ricorrenti s’incentra sulla possibilità o meno che la lesione di legittima possa essere provata anche con presunzioni oltre al fatto se, in caso di effettiva lesione, la reintegrazione delle quote di riserva debba avvenire necessariamente in natura o possa anche concretizzarsi in una somma di denaro, così come deciso dai giudici d’appello.

I giudici della Suprema Corte sottolineano, anzitutto che il legittimario, al fine di precisare i limiti della lesione della sua quota di legittima, possa allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva.
Vengono, invece, ritenute fondate le censure relative al ristoro del diritto di riserva mediante attribuzione di denaro: in tal senso infatti, viene ribadito come nel caso di azione tendente alla riduzione di disposizioni testamentarie che si assumano lesive della legittima, il giudice debba anzitutto accertare quale sia la quota spettante al legittimario, riunire poi fittiziamente i beni e determinare l’asse ereditario, procedendo poi alla valutazione legata ai valori del tempo di apertura della successione e tenendo conto anche della qualità dei beni, siano o meno fruttiferi.

Conclude pertanto la Cassazione, disponendo che:” In caso di lesione della quota di legittima, il legittimario, pur potendo eliminare la lesione attraverso la sola collazione, può altresì esercitare contestualmente l’azione di riduzione verso il coerede donatario, atteso che soltanto l’accoglimento di tale domanda può assicurargli l’assegnazione dei beni in natura, sia attraverso il subentro nella comunione ereditaria quando la disposizione testamentaria lesiva non riguardi singoli beni, sia attraverso il subentro nella comunione di singoli beni, come dimostrato dall’art. 560 c.c., che, nel disciplinarne lo scioglimento, prevede, in via preferenziale, la separazione della parte di bene necessaria per soddisfare il legittimario e, in caso di impossibilità della separazione in natura e dunque di non comoda divisibilità del bene, l’applicazione dei criteri preferenziali specificamente individuati dal comma 2, in deroga a quelli di carattere generale di cui all’art.720 c.c..”.

Questione di estrema rilevanza e delicatezza, la cui difficoltà interpretativa è stata nel senso sopra esposto, risolto dalla Suprema Corte.

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