Denegata paternità e disturbo bipolare del figlio. E’ dovuto il risarcimento del danno?

Con la recente ordinanza n. 9255 depositata il 6 aprile la Corte di Cassazione ha affrontato un rilevante caso inerente il risarcimento del danno scaturente da una situazione di denegata paternità.

La pronuncia di legittimità origina dal ricorso promosso dal figlio naturale di Sempronio, il quale chiedeva la declaratoria di paternità naturale nei confronti del convenuto Caio, sottolineando, in particolare, che vi fosse un nesso di causalità tra la propria patologia (disturbo bipolare) e la denegata paternità; per ciò chiedeva gli fosse riconosciuto un assegno mensile di mantenimento oltre al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Dichiarata quindi, previa CTU, la paternità naturale, il Tribunale di Teramo disponeva l’obbligo a carico del padre di versare un assegno mensile pari ad € 750 ed il pagamento di € 50.000 a titolo di danno esistenziale.

Avverso tale decisione, il figlio ricorreva in appello, il cui ricorso veniva parzialmente accolto con previsione di un assegno mensile pari ad € 1000 e con ristoro a titolo di danno esistenziale elevato a poco più di € 130.000.

La Corte d’Appello aveva però escluso che vi fosse nesso di causalità tra la denegata paternità ed il disturbo bipolare cui era affetto il figlio con conseguente mancato riconoscimento del danno patrimoniale e di quello biologico. 

Il figlio ricorreva quindi in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, che il mancato apporto finanziario paterno aveva precluso a lui stesso la possibilità di raggiungere una posizione sociale e professionale adeguata agli standards paterni ed idonea a garantirgli un inserimento nel mondo professionale consentaneo a quello del padre (notaio), e che il Tribunale, pur avendo riconosciuto che l’attore non aveva potuto godere del tenore di vita economico e sociale conforme all’ambiente di provenienza paterno, nulla aveva stabilito in merito al danno patrimoniale

Ed in tal senso, veniva contestata la negata esistenza del nesso causale tra denegata paternità e sussistenza della patologia. 

La Suprema Corte, ha ritenuto fondato il motivo, sostenendo in particolare l’erroneo rigetto della domanda risarcitoria da parte della corte territoriale: osservano, infatti, gli ermellini che la richiesta di riconoscimento del danno patrimoniale era stata invocata sul presupposto non della patologia, bensì della denegata paternità, la quale avrebbe cagionato il danno evento della mancata possibilità di accedere alle possibilità economiche e sociali coerenti con gli standards paterni.

In conclusione, il Collegio rileva che il giudice d’Appello non ha svolto una corretta e specifica attività interpretativa della domanda, non essendosi pronunciata sulla reale causa petendi in relazione al danno patrimoniale invocato ed avendo invece ricondotto, erroneamente e come sopra esposto, il danno alla patologia.

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