Il danno da cose in custodia, Ordinanza Corte di Cassazione 3589/21
Con ordinanza n. 3589 dell’11 febbraio scorso, la Suprema Corte si è pronunciata in materia di responsabilità civile del custode per il danno cagionato dalle cose custodite.
La vicenda trae origine da una richiesta risarcitoria fondata sulla responsabilità da omessa custodia nei confronti del CONI Servizi S.p.A., da parte di un tifoso di calcio il quale, durante lo svolgimento di una partita, era scivolato e quindi caduto sui gradoni dello Stadio Olimpico di Roma, a causa di un liquido oleoso presente sugli spalti.
Mentre in primo grado il Tribunale respingeva la domanda, ritenendo provato il fatto che il liquido fosse stato versato da terzi ed escludendo quindi il difetto di custodia del Coni, i giudici di appello, interpretando del tutto diversamente le deposizioni testimoniali, ritenevano che il CONI non avesse fornito alcuna prova liberatoria e che, pertanto, non fosse provato il versamento della macchia da parte di terzi soggetti.
Il CONI proponeva quindi ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi ed in particolare, per quanto qui di precipuo interesse, lamentava violazione dell’art. 2051 c.c. da parte dei giudici di merito, i quali avrebbero travisato il significato della norma stessa: sosteneva il CONI, infatti, che il rapporto di causalità andava istituito tra la custodia dell’impianto e la caduta essendo la macchia d’olio un fattore esterno costituente caso fortuito e che, dunque, la sua stessa presenza esonera il proprietario della struttura da responsabilità.
La Corte ha ritenuto infondato tale motivo sottolineando anzitutto che la prova liberatoria del caso fortuito grava sul custode ed evidenziando altresì il fatto che la condotta del terzo che abbia provocato la cosa pericolosa rientra tra i casi di prova liberatoria, integrando così il fortuito, quando, stante l’immediatezza del danno rispetto alla condotta del terzo, il custode non ha avuto alcuna possibilità di intervento al fine di impedire il pregiudizio.
A sostegno di tale assunto, la Corte ribadiva il principio più volte espresso per cui:””la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’amministrazione liberata dalla responsabilità suddetta ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione” (Cass. 7805/2017; Cass. 6703/2018; Cass. 16295/2019).
In definitiva, la Suprema Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione dei giudici di merito circa il fatto che la dimostrazione che il liquido oleoso sia stato versato da terzi e che non fosse stato possibile eliminarlo tempestivamente, grava sul custode e non sul danneggiato (come invece sostenuto dal CONI), e ne costituisce sostanziale prova liberatoria.
Ritenendo quindi accertato che la macchia non era stata opera di terzi, ma fosse presente sui gradoni per altre ragioni, la Suprema Corte ha ritenuto del tutto fondata e legittima la pretesa risarcitoria avanzata dal tifoso nei confronti del CONI.