La ex moglie lavora part-time? Ulteriori precisazioni sull’assegno di mantenimento
Con la recentissima ordinanza n. 12329/2021 la Corte di Cassazione ha affrontato un tema molto attuale nell’ambito di una separazione tra coniugi: la spettanza dell’assegno di mantenimento all’ex moglie, in presenza di alcune particolari condizioni di vita, ritenute sostanziali al fine del riconoscimento dell’emolumento.
LA VICENDA
A seguito della pronuncia di separazione personale, il Tribunale stabiliva a carico del marito l’obbligo di versare un assegno di mantenimento pari ad € 250 mensili per ciascuno dei figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti.
Promosso ricorso in appello, la Corte riformava in parte la decisione di primo grado, ponendo un ulteriore aggravio a carico del marito: veniva infatti riconosciuto un assegno di € 200 al mese a favore dell’ex moglie.
Tale decisione si basa su due assunti molto rilevanti: da un lato la comparazione dei redditi dei due coniugi, d’altro lato la constatazione che alla donna non può imputarsi di non aver dimostrato l’impossibilità di trasformare il rapporto di lavoro in corso come part-time in un rapporto full-time e, ancora, di aver trascurato altre occasioni di lavoro.
LA DECISIONE IN CASSAZIONE
Avverso tale decisione l’ex marito ricorreva in Cassazione, la quale confermava l’obbligo a suo carico nel dover versare € 200 ogni mese alla moglie.
La Corte, ribadendo nella sostanza i motivi già addotti dai giudici di merito, pone ulteriore attenzione allo status della donna relativamente al rapporto nel mondo del lavoro.
In particolare, viene precisato che la donna ha reperito un’attività part-time presso un ente privato, e che a causa dei suoi 56 anni e della prolungata estromissione dall’attività produttiva nonchè per l’ormai obsoleta formazione, non è riuscita a reperire occupazioni meglio retribuite.
A ciò aggiungasi la sensibile differenza reddituale tra i due coniugi, essendosi rilevati nettamente più alti quelli del marito, titolare anche di redditi immobiliari tra l’altro nemmeno dichiarati in modo completo.
In definitiva, mancando altresì prove circa una possibile colpa della donna nel non esser riuscita ad ottenere una modifica in senso full-time del rapporto di lavoro o nell’aver rifiutato proposte più favorevoli, viene confermato dalla Suprema Corte il suo diritto a vedersi versare mensilmente l’assegno di mantenimento dal marito.