La non comoda divisibilità del bene ereditario (Cass. ord. 9978/18)
L’interessante ordinanza della Corte di Cassazione in commento trae spunto da una lite giudiziaria tra fratelli a seguito della morte del padre, che non aveva lasciato testamento, cosicché l’eredità era stata devoluta per legge.
Tizia conveniva in giudizio per l’appunto il fratello Caio, chiedendo che il Tribunale provvedesse alla divisione giudiziale della comunione ereditaria, accertando in particolare, anche tramite consulenza tecnica d’ufficio, la non comoda divisibilità della massa ereditaria immobiliare, disponendo la formazione di due lotti e l’assegnazione a sé del lotto occupato dal fratello, a suo dire illegittimamente, chiedendo che ne fosse intimato il rilascio.
Tizia otteneva ragione in primo grado, avanti il Tribunale di Patti, nonché avanti la Corte d’appello di Messina, cui il fratello si era rivolto impugnando la sentenza che aveva sciolto la comunione ereditaria, assegnando a Tizia il fabbricato de quo e disponendo che ella versasse un conguaglio in denaro a Caio.
Proponeva Caio quindi ricorso per cassazione.
La Corte di legittimità, investita di tre motivi di ricorso, lo rigettava.
Quanto al tema che qui interessa, relativo alla divisione giudiziale, la Cassazione statuiva come esente da censure dovesse essere ritenuta la sentenza di I grado, laddove sottolineava che la soluzione adottata quanto all’immobile fosse la più consona e conveniente alla luce della principale connotazione del fabbricato, vale a dire la sua esigua dimensione, anche considerando la struttura precaria al piano primo. La non comoda divisibilità del bene, a parere del giudice di merito, traeva linfa e ragione dal modestissimo sviluppo in superficie delle due elevazioni, dalla distribuzione degli ambienti e dalla collocazione del manufatto in un contesto di confini che vedeva muri di alti fabbricati, comportante l’insufficiente utilizzo residenziale per la minor quota, che neppure avrebbe raggiunto la soglia di superficie di 40 mq., e rendendo peraltro asfittica l’abitabilità della quota maggiore: tali elementi portavano a concludere circa la non divisibilità dell’immobile.
Ribadisce quindi la Corte il principio di diritto secondo cui, in materia di divisione giudiziale, la non comoda divisibilità di un immobile, integrando un’eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi legittimamente praticabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dall’irrealizzabilità del frazionamento dell’immobile o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento o, ancora, dall’impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso.
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