La successione testamentaria e la rappresentazione

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Di seguito viene esposto l’interessante caso di recente affrontato dallo Studio: Tizio redige testamento ove lascia all’amica Isabella l’appartamento di Roma in Piazza delle Cinque Lune, al conoscente Servolo l’immobile di Venezia in Ponte dei Pugni e alla nipote ex fratre Margherita, figlia del fratello premorto Giuliano, l’unità abitativa di Roma in via Di Novella. Tizio muore, malauguratamente, nel maggio del 2018. Isabella e Servolo, contattati dal Notaio Virgilio Notaro, accettano espressamente l’eredità a loro devoluta e, nei termini di legge, presentano la dichiarazione di successione ed effettuano le volture catastali, previo pagamento delle dovute imposte. Nel dicembre del 2019 Penelope, figlia di Margherita, già deceduta nel 2016 e quindi premorta al de cuius Tizio, viene causalmente a conoscenza della devoluzione ereditaria.

Penelope è chiamata all’eredità?

Nel caso in esame non si applica l’istituto della trasmissione ex art. 479 c.c., essendo Margherita premorta a Tizio.

Sancisce l’art. 523 c.c. che nelle successioni testamentarie, se il testatore non ha disposto una sostituzione, circostanza effettivamente non avvenuta, e se non ha luogo il diritto di rappresentazione, la parte del rinunziante si accresce agli eredi a norma dell’art. 674 c.c., ovvero si devolve agli eredi legittimi a norma dell’art. 677 c.c.

Occorre pertanto verificare se si applica la rappresentazione ex artt. 467 e seguenti c.c.: in tale caso, Penelope sarà effettivamente chiamata all’eredità in luogo e nel grado della madre Margherita; diversamente, opererà l’accrescimento in favore dei coeredi.

La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può (ad esempio, perché premorto) o non vuole (ad esempio, perché rinunziante o indegno) accettare l’eredità o il legato.

Sembrerebbe il nostro caso ma l’art. 468 c.c., individuante i soggetti a favore di cui tale istituto opera, chiarisce che esso ha luogo nella linea retta a favore dei discendenti dei figli e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

Qui, invece, opererebbe a favore dei discendenti (Penelope) del figlio del fratello del defunto, vale a dire a favore dei discendenti del nipote ex fratre del de cuius.

Quid iuris? La norma comprende quindi come rappresentati solo i figli, nonché i fratelli e le sorelle del de cuius, o anche i suoi nipoti ex filio ed ex fratre?

La ratio legis parrebbe privilegiare l’interpretazione estensiva, e così anche una sentenza della Corte d’appello di Milano del 24.11.1992, secondo cui “l’istituto della rappresentazione ex art. 468 c.c. si applica, in linea collaterale, anche nel caso in cui il chiamato all’eredità che non possa o non voglia accettare sia nipote, e non solo fratello o sorella, del de cuius”; così anche Corte d’appello di Messina, 31.10.2003; contra, invece, una risalente Cassazione nr. 5077 del 30.05.1990.

In caso di contestazione tra le parti, il giudizio che ne conseguirebbe dovrebbe stabilire se Penelope sia erede o erede apparente. Nel caso in cui ella abbia nel frattempo accettato l’eredità e successivamente alienato il bene, particolare riverbero assumerà l’eventuale acquisto del terzo, che rimarrà comunque salvo ex art. 534, II comma c.c., nel caso in cui Penelope dovesse essere ritenuta erede sine titulo, provando il terzo di aver con lei contrattato in buona fede.

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