Rinunzia all’eredità e rappresentazione

Rinunzia all’eredità

La rinunzia all’eredità si effettua con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui la successione si è aperta e viene inserita nel registro delle successioni.

La rinunzia fatta sotto condizione o termine è nulla; è retroattiva, nel senso che chi rinunzia si considera come mai chiamato ma la donazione od il legato possono essere ritenuti, di norma, sino alla concorrenza della disponibile.

I creditori dell’eredità possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante allo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari sino alla concorrenza dei crediti, prescrivendosi tale diritto in 5 anni dalla rinunzia.

Il chiamato che abbia sottratto o nascosto beni ereditari decade dalla facoltà di rinunziarvi ed è considerato erede puro e semplice, nonostante la rinunzia.

Se la rinunzia ai diritti di successione viene fatta verso corrispettivo, essa importa accettazione.

Occorre prestare particolare attenzione quando si intende rinunziare ad una eredità, in quanto il rinunziante -in quanto figlio o fratello del de cuius- trasmette la devoluzione ai propri discendenti per rappresentazione.

Revoca della rinunzia

Mentre l’accettazione dell’eredità è irrevocabile ed irretrattabile, la rinunzia può essere revocata sino a quando il diritto di accettare non sia prescritto, sempre che nel frattempo l’eredità non sia stata già accettata da altro dei chiamati.

Impugnazione

La rinunzia può essere impugnata se è effetto di dolo o di violenza, nel termine di 5 anni dal giorno in cui il dolo è stato scoperto o la violenza è terminata.

Rappresentazione

La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado dei loro ascendenti in tutti i casi in cui questi non possono (ad esempio perché già deceduti, assenti o perché indegni) o non vogliono (ad esempio perché rinunzianti) accettare l’eredità od il legato.

Essa ha luogo esclusivamente nella linea retta, in infinito, tanti siano il grado dei discendenti ed il loro numero nelle stirpi, a favore dei discendenti dei figli, anche adottivi, e nella linea collaterale a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

La rappresentazione ha luogo anche se il discendente ha rinunziato all’eredità della persona nei cui confronti egli subentra, o se è incapace od indegno di succedere rispetto a questa.

La rappresentazione si verifica anche nel caso di unicità di stirpe; statuisce l’art. 469 c.c. che quando vi è rappresentazione la divisione si fa per stirpi, ciò vuol dire che il numero delle quote corrisponderà a quello delle stirpi e non a quello dei capi: se Tizio muore e lascia il figlio Caio nonché Sempronio e Mevio, figli dell’altro figlio premorto Tullio, avremo una quota per Caio ed una quota per i nipoti Sempronio e Mevio, che essi poi divideranno a metà (per capi).

Se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo e per capi tra i membri del medesimo ramo: Tizio muore e i suoi due figli Caio e Sempronio, entrambi premorti, hanno lasciato sulla terra il primo tre figli (Tullio, Plauto, Terenzio) ed il secondo quattro figli (Primo, Secondo, Terzo e Quarto). I figli di Sempronio sono viventi ed acquisteranno la metà dell’asse, dividendolo poi per capi in quattro parti uguali. I figli di Caio, invece, sono anch’essi morti ed hanno lasciato rispettivamente due, quattro e tre figli; la metà dell’asse sarà divisa in tre parti uguali, una per i figli di Tullio (che ne avranno la metà per ciascuno), una per i figli di Plauto (un quarto per ciascuno) ed una per i figli di Terenzio (un terzo per ciascuno).

Il discendente che succede per rappresentazione, ai sensi dell’art. 740 c.c., è tenuto a collazione e deve conferire ciò che è stato donato all’ascendente, anche qualora abbia rinunziato all’eredità di questi.

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